I morticelli
Francesco Paolo Michetti (Tocco da Casauria 1851 – Francavilla al Mare 1929)
Olio su tela
La nuova sezione dedicata al secondo Ottocento e al primo Novecento abruzzese conclude idealmente il percorso museale con poche ma significative opere di alcuni dei maestri del Verismo italiano.
Nata solo di recente, la sezione va ingrandendosi gradualmente grazie ad una mirata campagna di acquisizioni volta a valorizzare il ruolo di primo piano che l’Abruzzo ha avuto nel panorama dell’arte italiana a cavallo dei due secoli con una particolare attenzione alle diverse declinazioni che il linguaggio veristico ha avuto in questa regione.
Se alcune opere sono state già esposte nel 1968 in occasione della prima inaugurazione della sezione d’Arte moderna presso il Castello dell’Aquila, come il Ritratto di Teofilo Patini di Vittorino Scarselli, altre, invece, sono il frutto di acquisizioni successive, tra cui I morticelli di Francesco Paolo Michetti, entrato in collezione nel 2004 o recentissime. Tra queste ultime La Redenzione di Teofilo Patini, le due sculture Costume di Scanno e Soli di Costantino Barbella e la Veduta del lago del Fucino di Aurelio Tiratelli, acquistate dal Museo Nazionale d’Abruzzo nel 2022.
La nuova sala è incentrata su un autentico capolavoro, I morticelli di Francesco Paolo Michetti.
La grande tela, esempio mirabile della produzione giovanile dell’artista, mette in scena il funerale di due gemellini che, come in una sequenza cinematografica, si svolge pacato e sereno lungo il litorale di Francavilla a Mare. Qui, pochi anni prima, Michetti si era trasferito gettando già da allora le basi per quel sodalizio artistico-letterario noto come “Conventino” – in ricordo del convento francescano di Santa Maria del Gesù acquistato dall’artista nel 1885 e trasformato in proprio studio e abitazione – di cui fecero parte i suoi più stretti amici tra cui il poeta Gabriele D’Annunzio, il musicista Francesco Paolo Tosti e lo scultore Costantino Barbella.
Proprio a Costantino Barbella è dedicato un piccolo spazio con tre sculture – Costume di Scanno, Su su e Soli – che rendono pienamente il senso della sua produzione plastica permeata da uno spirito giocoso reso naturalisticamente con scene idilliaco-pastorali.
Posta a contro altare de I morticelli è un’altra importante opera, La Redenzione di Teofilo Patini. Nativo di Castel di Sangro e formatosi a Napoli a contatto di Domenico Morelli e soprattutto di Filippo e Nicola Palizzi dai quali apprese la fondamentale lezione verista, Patini si stabilì subito dopo a L’Aquila dove divenne direttore e insegnante nella Scuola di Arti e Mestieri aprendo il suo studio a Palazzo Ardinghelli, oggi sede del Museo Nazionale d’Arte del XXI secolo (MAXXI).
Celebre soprattutto per le sue tele dal forte contenuto sociale – basti qui ricordare L’Erede, Vanga e latte e Bestie da soma – Patini nell’ultima sua produzione si concentra su temi religiosi dai contenuti simbolico-massonici di cui La Redenzione costituisce uno degli esempi più significativi.
Di fronte a quest’opera troneggia l’austero Ritratto di Teofilo Patini eseguito dall’allievo Vittorino Scarselli che subito dopo la morte del Maestro volle rendergli omaggio con questa tela.
Chiudono la rassegna La lavandaia di Pasquale Celommi – che ritrae, come in posa davanti ad una macchina fotografica, una giovane donna intenta a fare il bucato mentre guarda sorridente l’osservatore – la Veduta del lago del Fucino di Aurelio Tiratelli, un’ampia quanto rara veduta del lago del Fucino poco prima del suo prosciugamento e l’accurata selezione di disegni realizzati da Teofilo Patini, Basilio Cascella, Mosè Bianchi, Edoardo Dalbono, Francesco Paolo Michetti e Vincenzo Migliaro.
I morticelli
Olio su tela